Le novità. Da gennaio portali come Airbnb devono comunicare i codici fiscali dei locatori alle Entrate La normativa Ue si innesta in un rebus di adempimenti già necessari e regolamenti regionali differenti
20 novembre 2022
L’affitto breve spopola nelle grandi città italiane e le autorità cercano di mettere al bando l’illegalità che dilaga nel settore. In attesa che giovedì prossimo 22 dicembre la Corte di giustizia europea faccia definitivamente chiarezza sull’obbligo da parte di Airbnb di effettuare la ritenuta fiscale sui pagamenti, proprietari e operatori si preparano al debutto di nuovi importanti adempimenti. Complice una normativa europea più stringente verso le piattaforme digitali, dal 1° gennaio 2023 i codici fiscali dei locatori, i redditi percepiti e i dati catastali degli immobili affittati dovranno essere comunicati all’agenzia delle Entrate; gli host che non metteranno a disposizione questi dati rischieranno di essere «bloccati».
Il ritorno all’affitto breve
Il mercato, ridotto del 60% nell’anno del Covid, dopo lo stallo del 2021 quest’anno tornerà a 950mila abitazioni locate (previsione di Scenari Immobiliari), poco sotto i numeri pre-pandemia. Basta guardare il trend degli annunci nelle grandi città pubblicizzati su Airbnb, la piattaforma più utilizzata per l’intermediazione online della locazione breve: a fine dicembre 2021 a Milano si contavano 11.116 annunci attivi, a fine settembre hanno sfiorato i 15.900 (+43% in base ai dati Airdna); a Roma sono passati da 20.668 a 23.427 (+13%); a Firenze da 8.535 a 10.291 (+20,6%); e così via.
Al grande ritorno dell’affitto breve si affianca la corsa alla regolamentazione: un percorso iniziato nel 2017, proseguito a singhiozzi e che nel nostro Paese fatica a trovare una normativa efficace e uniforme a livello nazionale. In questo contesto si inserisce l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri, il 1° dicembre scorso, del decreto legislativo di recepimento della direttiva Dac7 (2021/514) sulla cooperazione amministrativa nel settore fiscale. Una volta ottenuto il parere necessario delle commissioni parlamentari, la direttiva entrerà in vigore dal 1° gennaio 2023.
Countdown sulle piattaforme
Le nuove norme impongono ai gestori delle piattaforme l’obbligo di identificare chi vende o affitta tramite il portale web. I dati dei locatori dovranno essere comunicati trimestralmente all’agenzia delle Entrate, insieme ai corrispettivi percepiti e al numero di operazioni effettuate. Le informazioni relative al 2023 dovranno essere inviate entro il 31 gennaio 2024 e sarà un provvedimento del direttore a definire le modalità.
Per non farsi trovare impreparate, le piattaforme nei mesi scorsi hanno già inviato diversi solleciti ai locatori attivi. «Le tue informazioni fiscali sono obbligatorie», recitava l’email inviata da Airbnb a tutti gli host e co-host per richiedere la compilazione del modulo con i dati «necessari per ospitare dal 2023». I gestori, infatti, avranno a disposizione due solleciti e 60 giorni prima di bloccare i profili di chi guadagna oppure trattenere i corrispettivi. Airbnb, ad esempio, spiega ai propri iscritti: «Se gli host non forniscono le informazioni che devono essere comunicate alle autorità fiscali, saremo tenuti a congelare i compensi. In certi casi, Airbnb potrebbe bloccare i calendari degli host». E aggiunge un esempio: in caso di check-in dopo il 1° gennaio 2023, se l’host non ha fornito le informazioni richieste entro il 2 marzo 2023, i pagamenti per prenotazioni con check-in a partire dal 2 marzo 2023 saranno congelati. «Dopo aver fornito le informazioni fiscali - aggiunge - i pagamenti verranno scongelati e si potrà nuovamente accettare prenotazioni sulla piattaforma».
Il ritorno all’affitto breve
Il mercato, ridotto del 60% nell’anno del Covid, dopo lo stallo del 2021 quest’anno tornerà a 950mila abitazioni locate (previsione di Scenari Immobiliari), poco sotto i numeri pre-pandemia. Basta guardare il trend degli annunci nelle grandi città pubblicizzati su Airbnb, la piattaforma più utilizzata per l’intermediazione online della locazione breve: a fine dicembre 2021 a Milano si contavano 11.116 annunci attivi, a fine settembre hanno sfiorato i 15.900 (+43% in base ai dati Airdna); a Roma sono passati da 20.668 a 23.427 (+13%); a Firenze da 8.535 a 10.291 (+20,6%); e così via.
Al grande ritorno dell’affitto breve si affianca la corsa alla regolamentazione: un percorso iniziato nel 2017, proseguito a singhiozzi e che nel nostro Paese fatica a trovare una normativa efficace e uniforme a livello nazionale. In questo contesto si inserisce l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri, il 1° dicembre scorso, del decreto legislativo di recepimento della direttiva Dac7 (2021/514) sulla cooperazione amministrativa nel settore fiscale. Una volta ottenuto il parere necessario delle commissioni parlamentari, la direttiva entrerà in vigore dal 1° gennaio 2023.
Countdown sulle piattaforme
Le nuove norme impongono ai gestori delle piattaforme l’obbligo di identificare chi vende o affitta tramite il portale web. I dati dei locatori dovranno essere comunicati trimestralmente all’agenzia delle Entrate, insieme ai corrispettivi percepiti e al numero di operazioni effettuate. Le informazioni relative al 2023 dovranno essere inviate entro il 31 gennaio 2024 e sarà un provvedimento del direttore a definire le modalità.
Per non farsi trovare impreparate, le piattaforme nei mesi scorsi hanno già inviato diversi solleciti ai locatori attivi. «Le tue informazioni fiscali sono obbligatorie», recitava l’email inviata da Airbnb a tutti gli host e co-host per richiedere la compilazione del modulo con i dati «necessari per ospitare dal 2023». I gestori, infatti, avranno a disposizione due solleciti e 60 giorni prima di bloccare i profili di chi guadagna oppure trattenere i corrispettivi. Airbnb, ad esempio, spiega ai propri iscritti: «Se gli host non forniscono le informazioni che devono essere comunicate alle autorità fiscali, saremo tenuti a congelare i compensi. In certi casi, Airbnb potrebbe bloccare i calendari degli host». E aggiunge un esempio: in caso di check-in dopo il 1° gennaio 2023, se l’host non ha fornito le informazioni richieste entro il 2 marzo 2023, i pagamenti per prenotazioni con check-in a partire dal 2 marzo 2023 saranno congelati. «Dopo aver fornito le informazioni fiscali - aggiunge - i pagamenti verranno scongelati e si potrà nuovamente accettare prenotazioni sulla piattaforma».
Restano i vecchi obblighi
La nuova normativa europea si innesta in un già ricco pacchetto nazionale di adempimenti necessari per chi fa locazione breve: dal 1° gennaio 2023 tutti gli intermediari dovranno aggiungere alla già obbligatoria comunicazione alle Entrate sulle locazioni brevi anche i dati catastali degli immobili interessati (provvedimento 86984/2022); dal 2017 le agenzie immobiliari e – a rigore – i portali online sono già tenuti a rispettare l’obbligo di ritenuta fiscale del 21% sui canoni riscossi per i locatori e a trasmettere i dati alle Entrate entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di conclusione del contratto, pena sanzioni da 250 a 2.000 euro (articolo 4, Dl 50/2017); dal 2018 il decreto sicurezza ha poi imposto l’obbligo per i locatori di comunicare i dati degli alloggiati alla questura; dal 1° gennaio 2021 si presume per legge che chi destina alla locazione breve più di quattro appartamenti sia imprenditore, anche se mancano chiarimenti ufficiali su voglia dire «destinare» una casa a tale attività.
Il caos delle norme locali
Infine, c’è l’attesa banca dati delle locazioni brevi che avrebbe dovuto riunire tutte le unità destinate ad affitto breve presenti nel territorio nazionale, attribuendogli un codice identificativo alfanumerico, da utilizzare obbligatoriamente negli annunci pubblicati online (commi 4-5, articolo 13-quater, Dl 34/2019). Tuttavia, nel frattempo, i territori si sono già mossi in ordine sparso con normative regionali differenti, che spesso impongono obblighi specifici. Al momento Lombardia, Puglia, Veneto, Piemonte e Campania prevedono un codice Cir obbligatorio. L’obiettivo è sempre quello: mappare un fenomeno che troppo spesso sfugge alla legalità.
FONTE: IlSole24Ore
La nuova normativa europea si innesta in un già ricco pacchetto nazionale di adempimenti necessari per chi fa locazione breve: dal 1° gennaio 2023 tutti gli intermediari dovranno aggiungere alla già obbligatoria comunicazione alle Entrate sulle locazioni brevi anche i dati catastali degli immobili interessati (provvedimento 86984/2022); dal 2017 le agenzie immobiliari e – a rigore – i portali online sono già tenuti a rispettare l’obbligo di ritenuta fiscale del 21% sui canoni riscossi per i locatori e a trasmettere i dati alle Entrate entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di conclusione del contratto, pena sanzioni da 250 a 2.000 euro (articolo 4, Dl 50/2017); dal 2018 il decreto sicurezza ha poi imposto l’obbligo per i locatori di comunicare i dati degli alloggiati alla questura; dal 1° gennaio 2021 si presume per legge che chi destina alla locazione breve più di quattro appartamenti sia imprenditore, anche se mancano chiarimenti ufficiali su voglia dire «destinare» una casa a tale attività.
Il caos delle norme locali
Infine, c’è l’attesa banca dati delle locazioni brevi che avrebbe dovuto riunire tutte le unità destinate ad affitto breve presenti nel territorio nazionale, attribuendogli un codice identificativo alfanumerico, da utilizzare obbligatoriamente negli annunci pubblicati online (commi 4-5, articolo 13-quater, Dl 34/2019). Tuttavia, nel frattempo, i territori si sono già mossi in ordine sparso con normative regionali differenti, che spesso impongono obblighi specifici. Al momento Lombardia, Puglia, Veneto, Piemonte e Campania prevedono un codice Cir obbligatorio. L’obiettivo è sempre quello: mappare un fenomeno che troppo spesso sfugge alla legalità.
FONTE: IlSole24Ore
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