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Per i forfettari obbligo di bollo sulle fatture elettroniche oltre 77,47 euro

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Dal 1° luglio fatturazione elettronica con più di 25mila euro di ricavi o compensi
Il sistema di interscambio vigila sul pagamento dell’imposta da 2 euro


10 maggio 2022
Il passaggio dei forfettari alla fatturazione elettronica è un punto fondamentale delle novità la cui entrata in vigore è prevista il 1° luglio, relativamente ai soggetti che hanno superato 25mila euro di ricavi o compensi lo scorso anno.

Quelli che noi chiamiamo «forfettari» per questa caratteristica che si riferisce alla tassazione reddituale, ai fini Iva vengono definiti «in regime di franchigia», in quanto non sono debitori dell’imposta sulle loro operazioni attive, né possono detrarre l’Iva che viene loro addebitata dai fornitori.
A proposito di numeri, l’universo di questi soggetti sta crescendo in misura esponenziale: nel 2021 le statistiche sull’apertura delle partite Iva ci dicono che il regime è stato scelto da quasi 240mila nuovi contribuenti pari al 70% delle iscrizioni delle persone fisiche. Un 10% di questi soggetti, come abbiamo dichiarato alla Commissione europea per ottenere l’autorizzazione ad introdurre questo obbligo, già utilizza la fatturazione elettronica, segno che le procedure sono già idonee ad accogliere i nuovi contribuenti.
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Il regime fiscale da memorizzare in anagrafica è individuato con il codice RF19, mentre la non applicazione dell’Iva - come confermano le Entrate – si qualifica con il codice N2.2, molto generico in quanto si riferisce agli «altri casi» delle operazioni non soggette, altri rispetto alla mancanza di territorialità in base agli articoli da 7 a 7-octies della legge Iva. Vista la futura dimensione di questi nuovi obbligati, si poteva forse aggiungere un codice specifico, ma il sistema funziona comunque.
Il codice N2.2 ci porta verso un obbligo, quello di assoggettare la fattura all’imposta di bollo di 2 euro quando il corrispettivo supera 77,47 euro.
Con la fattura cartacea questa evasione d’imposta era pressoché impossibile da accertare, in quanto la marca si applica solo sull’originale, distribuito tra tutti i clienti.

Con la fattura elettronica, come confermato nella risposta, il contribuente deve inserire questo importo nel file inviato al sistema di interscambio. Se non lo fa verrà prodotto un «elenco B» delle fatture per le quali non è stato rispettato questo obbligo, così che il contribuente possa provvedere nei termini al relativo pagamento trimestrale.
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Uno dei compiti del sistema è quello di mettere a disposizione i registri delle fatture emesse e di quelle ricevute, al momento solo per i contribuenti ordinari con frequenza trimestrale. Per i forfettari non esiste né Iva dovuta né Iva detraibile, e quindi manca un vero e proprio obbligo di tenere dei registri, anzi c’è un esonero formale nella legge che li riguarda. Ma se lo scopo principale dell’estensione della fatturazione elettronica è quello di vincolare al regime ordinario il contribuente che supera i 65mila euro, come si riesce ad eseguire questo controllo?
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L’Agenzia risponde che, pur in assenza della fornitura di un vero e proprio registro fatture, nell’area riservata del sito, «fatture e corrispettivi» – «consultazioni» - «le tue fatture emesse» è sufficiente accedere alla funzione di esportazione della tabella relativa al singolo periodo non superiore a tre mesi, che genera un file di excel con tutti i dati rilevanti.
Trasferendolo su un unico file annuale, si ottengono i progressivi, la cui rilevanza è comunque necessaria per la compilazione della dichiarazione dei redditi, come base del calcolo forfettario. Analoghe consultazioni sono possibili per i soggetti che, non obbligati all’emissione della fattura, certificano i corrispettivi con i registratori telematici.

​FONTE: IlSole24Ore

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