Il superbonus è nato nel 2020 per far fronte alla gravissima recessione ingenerata dalla pandemia. Il problema è che non è stato ponderato con attenzione l'impatto sui conti pubblici, soprattutto per quel che riguarda la cessione dei crediti d’imposta con annesse le truffe
2 marzo 2023
L'impatto, soprattutto sul Pil è indubbio e la stessa Banca d'Italia ha di recente sottolineato come gli investimenti residenziali realizzati con il superbonus del 110% alla fine dello scorso gennaio ammontano complessivamente a circa 46 miliardi. Nel complesso, gli investimenti in abitazioni nei primi tre trimestri del 2022 sono cresciuti di quasi il 40% rispetto allo stesso periodo del 2019 e il comparto delle costruzioni ha registrato notevoli aumenti del valore aggiunto (27%) e dell'occupazione (18%). L'Istat aggiunge altri elementi: a trascinare la crescita del Pil (+3,7%) nel 2022 è stata soprattutto la domanda nazionale al netto delle scorte, mentre la domanda estera e la variazione delle scorte hanno fornito contributi negativi. Dal lato dell'offerta di beni e servizi, il valore aggiunto ha segnato crescite nelle costruzioni e in molti comparti del terziario, mentre ha subìto una contrazione nell'agricoltura. Il valore aggiunto ha registrato aumenti in volume del 10,2% nelle costruzioni e del 4,8% nelle attività dei servizi. Quindi si può osservare una ripresa trainata anche da altre componenti con i consumi finali nazionali cresciuti del 3,5%.
Più Pil e più deficit
Se dunque un impatto nella buona performance della crescita nel 2021 e del 2022 va attribuito oltre che al settore delle costruzioni e dell'edilizia più in generale anche ai consumi e ai servizi (sintomo di una buona capacità di reazione alla crisi prima causata dalla pandemia poi dagli effetti della guerra in Ucraina), si può osservare che lo strumento dei bonus dovrebbe comunque avere carattere temporaneo, perché a spingere il PIL devono essere tutti gli altri aggregati macroeconomici per evitare che si tratti di una crescita in qualche modo “drogata” dagli incentivi. Il superbonus è nato nel 2020 proprio per far fronte alla gravissima recessione ingenerata dalla pandemia. Il problema è che non è stato ponderato con attenzione l'impatto sui conti pubblici, soprattutto per quel che riguarda la cessione dei crediti d'imposta con annesse le truffe già evidenziate dal precedente governo, mentre ora si cercano soluzioni ai cosiddetti crediti incagliati valutati in circa 19 miliardi. Il Governo, conti alla mano, ha innescato la retromarcia: per i nuovi interventi non sarà più possibile ricorrere alla cessione del credito o allo sconto in fattura. Chiaro l'obiettivo così riassunto dal ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti: “Risolvere il nodo dei crediti, che hanno raggiunto i 110 miliardi, e mettere in sicurezza i conti pubblici”.
Più Pil e più deficit
Se dunque un impatto nella buona performance della crescita nel 2021 e del 2022 va attribuito oltre che al settore delle costruzioni e dell'edilizia più in generale anche ai consumi e ai servizi (sintomo di una buona capacità di reazione alla crisi prima causata dalla pandemia poi dagli effetti della guerra in Ucraina), si può osservare che lo strumento dei bonus dovrebbe comunque avere carattere temporaneo, perché a spingere il PIL devono essere tutti gli altri aggregati macroeconomici per evitare che si tratti di una crescita in qualche modo “drogata” dagli incentivi. Il superbonus è nato nel 2020 proprio per far fronte alla gravissima recessione ingenerata dalla pandemia. Il problema è che non è stato ponderato con attenzione l'impatto sui conti pubblici, soprattutto per quel che riguarda la cessione dei crediti d'imposta con annesse le truffe già evidenziate dal precedente governo, mentre ora si cercano soluzioni ai cosiddetti crediti incagliati valutati in circa 19 miliardi. Il Governo, conti alla mano, ha innescato la retromarcia: per i nuovi interventi non sarà più possibile ricorrere alla cessione del credito o allo sconto in fattura. Chiaro l'obiettivo così riassunto dal ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti: “Risolvere il nodo dei crediti, che hanno raggiunto i 110 miliardi, e mettere in sicurezza i conti pubblici”.
I criteri di calcolo dei crediti d'imposta
Ad aggravare il deficit del 2021 e 2022 è la classificazione contabile dei crediti fiscali cedibili operata da Eurostat. Poiché si tratta di cessioni e compensazioni che vanno computati nell'anno in cui si generano. Il deficit del 2022 sale all'8%, a fronte di un Pil in aumento del 3,7% e di un valore dell'indebitamento atteso nei dintorni del 5,6%. Nel 2021 il deficit si colloca ora al 9% (l'1,8% in più rispetto a quanto previsto).
L'Istat chiarisce che nel caso in cui esista “una ragionevole certezza che, nel corso del tempo, il credito sarà utilizzato nella sua interezza”, quello stesso credito fiscale è da ritenersi “pagabile” e quindi deve essere registrato come spesa delle amministrazioni pubbliche, per un ammontare pari all'intero importo maturato, nell'anno di sostenimento della spesa agevolata. Quando la misura è classificata “non pagabile”, l'impatto è diluito negli anni di utilizzo del credito fiscale, mentre se è classificata “pagabile”, l'impatto sull'indebitamento delle Amministrazioni pubbliche si concentra esclusivamente nel primo anno.
Ad aggravare il deficit del 2021 e 2022 è la classificazione contabile dei crediti fiscali cedibili operata da Eurostat. Poiché si tratta di cessioni e compensazioni che vanno computati nell'anno in cui si generano. Il deficit del 2022 sale all'8%, a fronte di un Pil in aumento del 3,7% e di un valore dell'indebitamento atteso nei dintorni del 5,6%. Nel 2021 il deficit si colloca ora al 9% (l'1,8% in più rispetto a quanto previsto).
L'Istat chiarisce che nel caso in cui esista “una ragionevole certezza che, nel corso del tempo, il credito sarà utilizzato nella sua interezza”, quello stesso credito fiscale è da ritenersi “pagabile” e quindi deve essere registrato come spesa delle amministrazioni pubbliche, per un ammontare pari all'intero importo maturato, nell'anno di sostenimento della spesa agevolata. Quando la misura è classificata “non pagabile”, l'impatto è diluito negli anni di utilizzo del credito fiscale, mentre se è classificata “pagabile”, l'impatto sull'indebitamento delle Amministrazioni pubbliche si concentra esclusivamente nel primo anno.
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Vi saranno effetti su Pil e deficit anche nel 2023?
Nell'anno in corso, a causa del caro energia e dell'alta inflazione, il Pil dovrebbe attestarsi su un livello di crescita tra lo 0,6 e l'1%, ben al di sotto dunque dei risultati conseguiti nei due anni precedenti. La frenata sui bonus edilizi disposta dal Governo renderà quasi nullo l'ulteriore possibile “effetto moltiplicatore” sul Pil. Impatto di conseguenza limitato anche per quel che riguarda il deficit, indicato negli ultimi documenti programmatici al 4,5%.
La classificazione contabile operata da Eurostat non ha invece effetti sul debito, che l'Istat (grazie alla maggiore crescita e all'inflazione) calcola si sia attestato a quota 144,7% del Pil, un punto percentuale in meno rispetto al 145,7% fissato dalla Nadef.
FONTE: IlSole24Ore
Nell'anno in corso, a causa del caro energia e dell'alta inflazione, il Pil dovrebbe attestarsi su un livello di crescita tra lo 0,6 e l'1%, ben al di sotto dunque dei risultati conseguiti nei due anni precedenti. La frenata sui bonus edilizi disposta dal Governo renderà quasi nullo l'ulteriore possibile “effetto moltiplicatore” sul Pil. Impatto di conseguenza limitato anche per quel che riguarda il deficit, indicato negli ultimi documenti programmatici al 4,5%.
La classificazione contabile operata da Eurostat non ha invece effetti sul debito, che l'Istat (grazie alla maggiore crescita e all'inflazione) calcola si sia attestato a quota 144,7% del Pil, un punto percentuale in meno rispetto al 145,7% fissato dalla Nadef.
FONTE: IlSole24Ore